Uno scorcio del Palazzo durante le opere di restauro

Uno scorcio del Palazzo durante le opere di restauro

di Cesare Feiffer

L’intervento di conservazione e riuso di Palazzo Cigola Martinoni è un caso particolare per molte ragioni: in primo luogo per la localizzazione del Palazzo, poi per le funzioni che vi sono state previste, quindi per la singolare progettazione che è stata elaborata e, infine, per la gestione di cui è stato oggetto prima durante e dopo il restauro.

La fabbrica, i cui caratteri storici, architettonici e artistici emergono dalle foto a fianco e dal regesto storico, sorge nella bassa pianura bresciana, luogo ricco di fascino perchè ancora non contaminato dai fenomeni speculativi di villettopoli e capannopoli che infestano ormai quasi tutta la Pianura Padana. Se essere immerso nella campagna piatta e intensivamente coltivata, da un lato ha consentito all’edificio di conservarsi nella sua “cornice”, come la chiamava Giovannoni, che è costituita dal piccolo centro abitato e dai campi che iniziano quasi fuori dal Palazzo, dall’altro lato questo aspetto all’inizio ne costituiva quasi un limite, un freno, che pareva ostacolare il suo inserimento in un virtuoso circuito turistico e culturale. La campagna con i suoi ritmi lenti che la governano e con le sue architetture monumentali e rurali, spesso è emarginata sia dai circuiti economici, sia da quelli turistico-culturali che spesso sono legati ai precedenti. Non è un caso che le grandi mostre si tengano nelle città affollate di turisti e abitanti, che gli eventi musicali o artistici si svolgano prevalentemente nelle zone turistiche, quasi che le grandi città storiche risucchino accentrandoli i grandi e piccoli eventi. Ciò comporta che chi inizia una qualsiasi attività distante dai centri d’arte, oggi trasformati in potenti calamite che svuotano il territorio circostante, parte svantaggiato su tutti i settori specialmente in quello cultural-economico, perché l’ambiente periferico non catalizza sponsor che vogliono visibilità, perché non “fanno pubblico” e non danno ritorno.

Era quindi una strada tutta in salita quella che si presentava davanti al Sindaco e alla sua Giunta quando hanno deciso di mettere mano al Palazzo per restaurarlo; una strada irta di problemi che ricorrono in molte amministrazioni, in molti enti o in molti privati che nel nostro Paese possiedono monumenti storici, edilizia minore e siti ambientali, e per i quali sono necessarie spese altissime per il restauro e la rifunzionalizzazione. A questo proposito è da segnalare che molto spesso questa incapacità politico-gestionale di ideare e condurre restauri e riusi funzionali di complessi architettonici è dovuta al fatto che ci sono pochissime esperienze di qualità alle quali riferirsi; per questo è usuale che la ricchezza degli apparati architettonici e artistici delle fabbriche storiche si associ spesso ad una sconsolante inesperienza di gestione e l’assenza dei fondi sia per lo più dovuta alla povertà di idee e all’incapacità di pensare in termini innovativi nuove funzioni.

Un mio professore mi diceva: “pensare in grande costa la stessa fatica che pensare in piccolo con la differenza che spesso si riesce a raggiungere obbiettivi che altri non immaginano nemmeno”. Così il bravo Sindaco di Cigole, trascinandosi tutta la sua Giunta, ha iniziato a pensare in grande e oggi, dopo 5 anni, si sta concludendo il suo “grande pensiero”, che ha portato a Cigole 5 milioni di euro, ben … musei, decine di iniziative culturali, formative, espositive con molteplici relazioni con la didattica scolastica, con il mondo della produzione industriale, con quello della tradizione agricola degli allevatori, con quello della ricerca scientifica e di moltissime altre realtà ancora. Ha creato a Cigole una Fondazione che oggi è il crogiolo e la motrice di iniziative culturali provinciali, regionali, nazionali ed europee, che
coinvolgono decine di ricercatori, giovani studiosi, gruppi e cooperative; ci vorrebbe un numero monografico per raccogliere i risultati ottenuti e i programmi a breve termine che si stanno realizzando nella realtà di Cigole. Il pensiero che in ogni frangente ha guidato la piccola ma agguerrita compagine è stato un pensiero forte e coraggioso, indirizzato a fare delle risorse povere del proprio ambiente una ricchezza da far fruttare in termini nuovi e originali non prescindendo mai da due aspetti: la conservazione della memoria storica del passato in ogni suo aspetto e carattere, e l’uso compatibile e non prevaricante sia dell’architettura storica e sia delle risorse ambientali. Sono quindi stati “inventati” il museo dei frutti dimenticati, il museo del giocattolo, il museo dell’agricoltura e del territorio, il museo del tempo e altri se ne stanno proponendo.A tutte queste realtà culturali e di studio si è agganciata una filiera che porta alla produzione agricola, soprattutto a quella biologica con scelte innovative e fortemente originali.

Uno scorcio del Palazzo prima dei restauri

Uno scorcio del Palazzo prima dei restauri

Dal punto di vista del restauro il progetto si è riconosciuto nella cultura della conservazione, che ha caratterizzato ogni aspetto, dagli studi conoscitivi preliminari alle elaborazioni progettuali preliminare, definitiva, esecutiva fino alla direzione dei lavori. Gli orientamenti culturali della conservazione sono noti e si riconoscono in alcuni concetti fondamentali quali la volontà di mantenere autentica la fabbrica, non solo nelle sue porzioni più antiche e originali ma anche in quelle che progressivamente nel tempo si sono stratificate. Questo concetto implica il rifiuto di una concezione valutativa della storia dell’architettura e dell’arte: non è importante solo l’opera criticamente riconosciuta, il monumento, il reperto storico antico o l’assetto distributivo originale, ma anche tutto ciò che costituisce documentazione materiale della cultura quotidiana e locale. Nel progetto sono quindi state studiate e rispettate tutte le fasi storiche del Palazzo con le modifiche che ogni epoca ha apportato fino a quelle recenti, più povere e apparentemente incongrue. Sia gli spazi architettonici aulici e monumentali sia quelli frastagliati e “alterati” nelle epoche recenti sono stati conservati come documentazione totale della storia di Cigole e del Palazzo, che ha avuto periodi di fasto e gloria assieme a periodi di decadenza e povertà, e anche questi ultimi sono stati considerati importanti e degni di essere ricordati e trasmessi al futuro. Altro aspetto che ha connotato il progetto e il cantiere è stato quello, direttamente collegato al precedente, di non correggere, di non integrare e di non completare strutture, spazi o decorazioni che si presentavano incompleti, con cicli pittorici sovrapposti o anche palesemente in contrasto secondo le tradizionali categorie di giudizio. Rispettare l’autenticità materia stratificata significa portare con coerenza questo atteggiamento dalle definizioni generali di principio alle scelte tecniche di cantiere e, quindi, rifiutare con coraggio quegli atteggiamenti culturalmente superati del ripristino, della riproduzione all’identique e della replica, che non portano che alla creazione di “replicanti” architettonici, zombi senza anima autentica e falsi senza vita storica propria. Così le strutture statiche principali e secondarie, tutte le finiture superficiali di pareti, soffitti e pavimentazioni sono stati mantenuti nella loro autenticità stratificata, rifiutando il completamento analogico e la falsa ricostruzione che caratterizza purtroppo ancora buona parte dei restauratori e delle volontà di apparire di molte amministrazioni.

In questo “pensiero forte” che ruota attorno a un concetto di conservazione molto ampio si sono riconosciuti tutti: Amministratori, Istituzioni, Fondazione Pianura Bresciana, progettisti e tutti i soggetti coinvolti dai tecnici di settore agli sponsor agli studiosi. È un’idea di conservazione che implica un rapporto particolare con il costruito storico, un rapporto che va oltre al rispetto fisico per la fabbrica del passato e che coinvolge i concetti di un utilizzo attento e a misura, di un impiego di soluzioni e tecniche bio-compatibili e a basso impatto energetico, di una gestione nuova e collegata a tutte quelle intense attività che la Fondazione ha inventato e intrapreso all’esterno. Molte sono infatti le iniziative legate allo studio, alla ricerca, alla didattica e all’azione diretta nell’agricoltura e nell’allevamento che, sempre facendo riferimento al Palazzo Cigole, sono state decentrate in quella campagna nella quale il Palazzo è immerso, che in origine ha consentito la sua costruzione e dalla quale oggi trae la sua forza culturale e le idee per mantenersi.

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