Il percorso espositivo

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Nelle straordinaria atmosfera d’altri tempi e nelle sale interamente affrescate, il museo multimediale RAÌS, Vi propone suggestivi spunti emozionali a partire dai temi legati al territorio di pianura, alle tradizioni, alle attività artigianali tradizionali, al cibo tipico per finire con il tema del gioco, tradizionale e storico, che da sempre svolge un ruolo importante arricchendo la vita dell’uomo ed accompagnandola in tutte le sue fasi.
La visita al museo Vi coinvolgerà in un viaggio polisensoriale in cui sarete stimolati ad interagire con filmati, fotografie e suoni alla scoperta, da protagonisti, del territorio della pianura bresciana.

 

Il fiume

E’ il fiume che domina l’orizzonte, lascia l’impronta nei territori che gli abitano attorno, entra nei paesaggi, ma poi scorre via, eterno viandante. In pianura scorre fra i campi gelosamente custoditi e coltivati, immobilizza i simboli della collaborazione fra gente laboriosa e acqua generosa, forma ampi meandri ombrati da boschi verdissimi, nasconde atmosfere fatate o si impaluda in lanche morte dove galleggiano i fiori delle ninfee.Fonte di vita o linea di confine, un liquido libro di storia che ripercorre le vicende delle genti e del paesaggio. Raccoglie nello scorrere lento e pacato, fra le sue anse, il carattere della pianura che è stata poi plasmata e modellata dal sudore, dalla fatica, dall’ingegno e dall’arte di uomini che hanno calpestato il suo greto.

La terra

La pianura è storia di una terra fertile, venata da fiumi e rogge, un tappeto verde ricamato dalla fatica dell’uomo che non ha perso il senso della terra, il sapore delle buone cose, il rispetto per le tradizioni. Sono passati gli anni, secoli sulla terra di pianura, storia che racconta delle mani monacali benedettine che hanno drenato nel fiume l’acqua di palude, scavato canali, bonificando e cambiando l’aspetto delle campagne e acceso lo stimolo alla cultura e all’arte.
Scrigno di semplici saggezze contadine che rimangono aggrappate come l’erba secca fra i mattoni rossi dei casolari segnati dall’usura e dal tempo o di leggende che riecheggiano nei possenti manieri medioevali e nelle gentilizie dimore dalle sale dipinte.
La riscopri nei paesi l’aria genuina, dove il profumo del latte e del pane fatto in casa resiste ancora nel tessuto d’una vita sana e scandita dallo scorrere delle stagioni. La assapori lungo le ripe del fiume l’armonia con la terra, dove l’ultimo pastore porta in transumanza invernale il suo gregge, sulle aie circondate dalle stalle dove le grandi vacche stanno immobili nell’afa soffocante delle lunghe giornate d’estate o nella nebbia dell’inverno che tutto avvolge e nasconde i segreti di Santa Lucia.

La cascina

Uscendo dalla frenesia metropolitana delle città l’orizzonte della pianura cambia aspetto, il profilo delle cascine si disegna nell’aria torbida di umidità, di nebbia, di afa. Che importa se ora i vecchi attrezzi consumati sono appesi con la fatica e la miseria nei musei della civiltà contadina e un poco di ansia metropolitana s’è impadronita dell’aia dove scorrazzano veloci macchine agricole; le cascine sono ancora lì a simboleggiare una sfida tra passato e futuro, a raccontare la storia della grande pianura.
Le cascine appaiono maestose con i silos come torri d’un castello, le case coloniche, la colombaia, i fienili con le gelosie di mattoni rossi, le stalle basse di volti. Tra i campi arati o verdi di maggengo e di grano si distendono i viali sterrati contornati dai pioppi cipressini che entrano diritti dai logorati portoni di legno spalancati sulle aie, con il bucato steso, qualche gallina ed il grugnito del maiale.
Si è consumata fra l’aia e i campi la vita, silenziosa come nebbia d’autunno, di generazioni di contadini e di braccianti fatta di storie, di fatiche e di salari magri come la quaresima.

Gallo e Tarello

Agostino Gallo (1499-1570) e Camillo Tarello (1513 o 1523-1573) sono fra i principali fautori dello sviluppo dell’agricoltura della prima età moderna. Entrambi furono sperimentatori di tecniche agricole innovative, fra le quali la rotazione delle colture. Le loro opere – “Le venti giornate dell’agricoltura” del primo e “Ricordo d’agricoltura” del secondo – vennero ristampate molte volte nel corso del XVI secolo e oltre.
Dal punto di vista di Gallo è rilevante la logica del profitto, cioè l’individuazione di modalità nella conduzione della terra finalizzate a trarre il massimo guadagno dalla vendita dei prodotti, di conseguenza attraverso una razionalizzazione dei sistemi di coltura. La preoccupazione di Tarello è l’incremento della resa agricola soprattutto attraverso il recupero dei terreni marginali, fino a quel momento non bonificati o dissodati, oppure lasciati a pascolo e alla vegetazione spontanea.

La cucina

La cucina è la più gaia delle arti e la più piacevole delle scienze. L’arte d’abbinare sapori, aromi e gusto in un piatto, come i colori su una tavolozza, riassume l’emozionalità che colpisce e inonda il palato; il piatto diviene tela e lo chef pittore che realizza il quadro.
Le ricette dei cuochi rinascimentali, grandi innovatori e sperimentatori di sapori, arricchiti da prodotti giunti dal Nuovo Mondo, si discostano notevolmente da quelle della tradizione medievale, che è invece legata ad una visione arcaicamente simbolica del rapporto uomo-animale. Il rinnovamento della cucina italiana moderna avviene grazie all’unione tra cibi nati per la tavola signorile e quelli di estrazione popolare. I sapori “umili” irrompono anche sulla tavola del nobile in campagna, come scriveva Agostino Gallo nelle Giornate dell’agricoltura, mentre le tavole contadine rimarranno per secoli legate a cibi essenziali, semplici frutti della terra.
Nascono nuove ricette, nuovi sapori, una nuova etica dello stare a tavola. La percezione del gusto diventa ricerca del piacere che amalgama l’arte culinaria e la suggestione del luogo, il territorio e la tradizione, il buono e il bello, una consapevolezza che si stacca dalla primordiale esigenza dell’essere sazio per planare nell’emozionalità del gusto.

La bottega

Gli artigiani hanno mani abili e sorrisi semplici di gente semplice. Nelle botteghe c’è l’odore di ferro e di fuoco, di legno e di vernici, di creta e di acqua, di tessuti e di colori, di colla di cuoio. Il lavoro artigiano racchiude in sé intatta, come nel passato, il carattere e l’essenza dell’arte, l’alleanza con gli elementi, l’attività creatrice, la conoscenza ereditata dai padri. Negli ultimi decenni nella pianura si è avuta una naturale rinascita dell’attività artigianale artistica, segno di una crescente reazione all’eccessiva standardizzazione del gusto e del prodotto. L’artigiano ritrova nella manualità l’espressione personale di stile e contenuto, imprimendolo nella materia e nella ricerca della forma

Burattini

La storia del teatro dei burattini e delle marionette ha attraversato vivacemente i secoli, lasciando tracce in culture e terre lontane tra loro, nelle civiltà egizie e indiane svolgeva addirittura funzioni legate al culto religioso.
Un’anima quei pezzi di legno e di cartapesta ce l’hanno, è una parte di quella dei loro burattinai che per generazioni gli hanno dato vita nelle baracche, i piccoli teatri che scorrazzavano in estate tra le piazze ed i pergolati delle osterie. Cantastorie di pianura che ammaliavano i grandi ed incantavano gli occhi e le bocche spalancate dei bimbi. Poi con le prime nebbie il piccolo teatro si trasferiva al caldo delle stalle nei grandi cascinali a scaldare le sere alle famiglie dei braccianti.
Non c’erano canovacci, sceneggiature, le storie inventate o raccontate mille volte si sono tramandate oralmente, sino ai giorni nostri. Escono ancora oggi dalle gole degli ultimi tenaci burattinai, eredi di un patrimonio teatrale antico.

Giochi da tavolo

Non è vero che il gioco piace solo ai bambini. Dimenticare le preoccupazioni del lavoro, cercare il sorriso, sfidare gli amici, tentare la sorte, sono bisogni di tutti.
Il giro del mondo o il viaggio nella storia portano a scoprire che mai nessun uomo o donna ha rinunciato a ricercarsi un tempo per il gioco.
Ricchi o poveri, aristocratici o borghesi, cittadini o contadini da sempre hanno collezionato tavolieri e pedine per le loro sfide giocose, piene di astuzie, finzioni, allusioni, con trabocchetti logici e prove di memoria.Il gioco è tempo dell’uomo.

Soffitta dei giocattoli

Bamboline e animaletti di terracotta ritrovati negli scavi archeologici in Italia o addirittura in Egitto e in Grecia, raccontano che da sempre alle bambine e ai bambini sono stati donati giocattoli, per farli divertire o per prepararli a diventare adulti.
Quando l’interesse per un giocattolo non c’è più finisce in una scatola; poi si allontana dalla memoria e dal cuore della casa. Soÿtte e cantine si riempiono di oggetti che non servono.
Ma quando un nuovo bambino nasce e cresce curioso, e fa domande, e cerca e tocca, gli adulti diventano gelosi; ma anche orgogliosi dei loro ricordi.
Frugare nelle scatole, togliere la polvere ai giocattoli, è come scrivere la storia di ciascuno.

Giochi di strada

Fino a quando piazze e strade erano di tutti fu facile che i ragazzi le riempissero con mazze, cerchi e carretti. Meccanismi ludici simili in molte regioni d’Italia, con varianti e nomi locali, musicali e affascinanti, sono stati fino al 1970 base di interminabili giochi di gruppo, confronti accaniti, vere e proprie battaglie.
Alcuni di questi giochi sono scomparsi o restano patrimonio di alcune associazioni di adulti. Qualcuno è stato nobilitato e si può trovare in confezioni eleganti, in qualche negozio di nicchia.
Sono giochi che potrebbero restituire gli spazi delle città ai giovanissimi. Ma sarebbe già molto che i ragazzi tornassero a insegnarseli, per giocare nei cortili delle scuole, nei giardini o nei loro parchi gioco, troppo spesso pieni solo di altalene e porte per il calcio.